
Ti è capitato di notare che per materie come la matematica e la geometria, tuo figlio o tua figlia siano disposti a riflettere, perché sanno di dover trovare un risultato o una soluzione? Per lo studio di altre materie, invece, hai notato come preferiscano affidarsi alla loro capacità mnemonica e studiare a memoria delle “frasette”?
Vediamo insieme perché tanti studenti preferiscono affidarsi a questo metodo di studio e perché in realtà sia una pratica da non rafforzare in alcun modo.
Perché è sbagliato studiare a memoria?
Non si può basare il proprio approccio allo studio solo sulle proprie abilità mnemoniche. Tutte le materie richiedono uno sforzo razionale per essere comprese. Se è assodato che svolgere un problema matematico richieda tempo, attenzione, concentrazione e un ragionamento logico, per molti studenti risulta difficile coinvolgere le stesse capacità per studiare, ad esempio, una pagina di storia, di geografia, di letteratura.
Questo è un errore da non sottovalutare.
Non si possono studiare esclusivamente a memoria tutte quelle materie che, definiamo per semplicità, “discorsive”, perché espresse con pagine e pagine di parole. È una strategia fallace. Se tuo figlio o tua figlia frequenta la scuola primaria e ti accorgi sin dal principio della sua tendenza a imparare a memoria, cerca immediatamente di fargli capire che non è questo il modo migliore per studiare. Questo metodo può funzionare fino alle scuole medie, ma alle superiori vacilla quasi subito, l’insegnante non si accontenterà di sentire snocciolati pochi concetti fondamentali in sequenza.
Perché studiare a memoria non è un metodo di studio efficace?
Una volta che uno studente arriva a frequentare le scuole superiori, le pagine aumentano e pensare di impararne a memoria delle decine è utopistico. Da parte degli insegnanti iniziano a saltare fuori con più insistenza domande diverse, come le ragioni di un determinato evento storico o degli esempi concreti rispetto a un articolo di diritto. Ecco che allora, lo studente inizia a sentirsi disorientato, perché non c’è una corrispondenza esatta tra quello che ha studiato e le domande che gli vengono rivolte.
Quante volte, raccontandoti di un’interrogazione, i tuoi figli ti hanno detto che l’insegnante gli ha chiesto cose non riportate sul libro? Spesso, lo studente arriva a convincersi che il docente ce l’abbia con lui o con lei e che gli siano state fatte domande “strane” per una questione di “antipatia” nei suoi confronti.
Forse. O forse no.
Magari gli è stato chiesto di andare oltre le “frasette” imparate, di riflettere a voce alta su quanto appreso e non è riuscito a destreggiarsi.
Eppure aveva studiato. L’hai visto anche tu. Ore.
Com’è possibile che sfruttando solo la memorizzazione di concetti si ottengano risultati mediocri?
Fare affidamento solo sulla capacità di memorizzare è un errore. Imparare a memoria non è ragionare. Studiare significa prima di tutto riflettere a partire da uno o più soggetti che svolgono determinate azioni, in un tempo e in un luogo specifico. Soggetti che hanno degli obiettivi.
Facciamo un esempio. Se tuo figlio o tua figlia deve studiare una guerra, non è sufficiente sapere:
- che è avvenuta;
- chi si è scontrato;
- chi ha vinto.
Occorre capire le motivazioni e gli scopi che hanno portato i vari Stati a intraprenderla. È importante anche riuscire a muoversi nei vari secoli, confrontando, ad esempio, le diverse guerre e sapere cosa i trattati di pace hanno modificato rispetto al precedente assetto territoriale. Il problema quindi, non è a valle, ma a monte: bisogna porsi delle domande.
Quando i tuoi figli studiano, si pongono delle domande?
Farsi delle domande, interrogarsi durante l’apprendimento è fondamentale. Molto spesso i libri propongono alla fine di un paragrafo o di un capitolo dei quesiti proprio per aiutare gli studenti in questo. Se i tuoi figli non sono abituati a farlo, puoi consigliargli di scegliere un colore diverso per ogni domanda e di andare a sottolineare in maniera differente le varie risposte, così da poterle distinguere.
A volte, questa tipologia di esercizi viene assegnata dall’insegnante, ma alle scuole superiori viene già dato per scontato che uno studente abbia un metodo di studio efficace. Pertanto, spesso non gli viene detto di rispondere alle domande.
Come si fa a non studiare a memoria?
Ragionare e interrogarsi, richiede uno sforzo e, purtroppo, l’esito non è certo come il risultato di un problema matematico. È diverso l’obiettivo di partenza: questa volta viene chiesto di interpretare, di saper esporre un argomento dopo che lo si è fatto proprio. Studiare a memoria, in questo caso, non serve proprio a nulla.
Come evitarlo?
Come dico sempre ai miei studenti del mio programma studio e cresco per esempio, non si tratta di riprodurre all’insegnante un elenco di concetti simili a una lista della spesa, ma di lasciarsi trascinare da quello che si legge come fosse un dialogo, fatto di domande e risposte. Da questo punto di vista, spesso gli studenti sono un po’ pigri, eppure, se ci pensi:
hai notato come i ragazzi sappiano parlare diffusamente di ciò che gli interessa?
Per non studiare a memoria e trasformare lo studio in una sorta di conversazione, una buona strategia è quella di ascoltare con i tuoi figli qualche telegiornale e di fargli poi alcune domande.
Questa abitudine che, all’inizio ti sembrerà poco efficace, in realtà si rivelerà molto utile.
Gli studenti:
- saranno stimolati a riflettere;
- avranno immagazzinato idee per quando dovranno svolgere i temi a scuola;
- capiranno che l’ascolto di una notizia o di una spiegazione deve essere interlocutorio.
Quali domande porsi per apprendere al meglio senza imparare a memoria?
Una materia di cui si imparano concetti in ordine sparso, a volte con fatica, senza chiedersi il significato di quello che si è appreso, non può essere interessante per chi la studia.
È come riempire un bagaglio con gli oggetti più disparati: magari inserisco un salvagente per affrontare una gita in montagna e tolgo lo spazio a un caldo pullover.
In questo caso sarebbe stato più semplice chiedersi: a quale scopo metto degli oggetti nel mio borsone da viaggio?
La mente di uno studente che impara a memoria acriticamente è simile a questa valigia: giorno dopo giorno viene caricata di informazioni che, se non sono vagliate da riflessioni adeguate, sono accumulate senza significato.
Ovvio che, quando l’insegnante andrà a fare quelle domande “antipatiche”, scoprirà che il simbolico bagaglio del nostro esempio è stato riempito senza logica.
A questo punto, viene da chiedersi:
che differenza c’è tra un bagaglio pieno di cose messe a caso e uno vuoto?
Nessuna in realtà, anzi, c’è la fatica di doversi spostare con un peso addosso. Ma… non è il dolce peso della conoscenza!