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Che stress i compiti! Storia dell’ipergenitore

Autore: Veronica Leardini - Data: 7 Gennaio 2020

ombrelli-compiti-stress

E’ dura, lo vedo tutti i giorni: i bambini sono sovraccaricati dai compiti, al punto che ora dei genitori si stanno mobilitando attraverso delle petizioni perchè vengano aboliti. Da un lato c’è questo aspetto, i bambini hanno il diritto di giocare di più, di poter vivere momenti spensierati in famiglia, senza dover sempre pensare, quasi ossessivamente alla scuola.

Dall’altro lato però, forse dovremmo riflettere sul perché adesso affrontare i compiti senza stress sembra impossibile. Quante volte ti capita di controllare il registro elettronico? Quante di preoccuparti molto più tu degli esercizi che tuo figlio?

Qualche giorno fa, girando per le librerie alla ricerca degli ultimi regali di Natale, mi sono imbattuta in un libro di Eva Millet, che mi ha colpito molto: si intitola Felici e imperfetti. Come smettere di fare gli ipergenitori.

Ecco, questo termine, ipergenitore, mi ha fatto riflettere e mi è suonato subito famigliare, perché nella mia esperienza, ne ho incontrati tanti.

Ma chi sono gli ipergenitori? L’autrice li definisce così: sono quelli che stanno sempre addosso al bambino, soddisfacendo o addirittura anticipando qualsiasi suo desiderio. Organizzano le giornate del figlio e risolvono ogni suo minimo problema. Questo atteggiamento finisce inevitabilmente per avere delle conseguenze nel modo in cui si affronta il tema “scuola” in famiglia.

L’ipergenitore, infatti, aiuta in maniera sistematica i figli a fare i compiti (quando non arriva a svolgerli lui direttamente), e, sempre secondo la Millet, è assiduamente coinvolto nelle attività scolastiche. Il comportamento che assume è quello di una vera e propria guardia, una tigre, pronta a scagliarsi contro chiunque si azzardi a dire ai loro figli qualcosa di sgradevole.

Gli ipergenitori sono l’incubo degli insegnanti, perché conoscono meglio degli studenti i programmi didattici, fanno i compiti a posto loro e mettono continuamente in discussione il lavoro dei docenti.

Secondo l’autrice, si è passati da un tempo in cui il maestro aveva sempre ragione a una contemporaneità in cui sono i figli a non avere mai torto. Alla base di questo atteggiamento, c’è sicuramente una profonda mancanza di fiducia nella scuola, che mina il rispetto degli insegnanti da parte dei bambini.

Inoltre, la Millet, è lapidaria nei confronti delle ipermadri, dicendo che gli effetti del loro comportamento, si traducono in una minore autonomia del figlio e che, pertanto lui non imparerà nulla, né a sbagliare, né a correggersi da solo o a rialzarsi dalle sconfitte.

Quanto c’è di vero in tutto ciò? Sicuramente a tutti è capitato, in più di una situazione, di comportarsi da ipermadre o da iperpapà: quando vediamo che dopo numerosi tentativi nostro figlio proprio non riesce a svolgere un’espressione, la tentazione di fargliela noi è veramente irresistibile.

Quand’è allora che si sbaglia? Qual è il termometro che possiamo usare, nelle varie situazioni, per capire che stiamo andando oltre e rischiamo davvero di trasformarci in una tigre del Bengala?

Sicuramente, lo stress che quella circostanza ti provoca, è il punto da cui partire per fermarti un attimo, respirare e pensarci sopra.

Prova a porti alcune domande. Se risponderai di sì a 2 domande su 3, forse corri il rischio di diventare un ipergenitore-scuola, stressato oltre misura.

  • Chi stabilisce ogni giorno la tabella di marcia dei compiti da fare? Tu o tuo figlio?
  • Passi molto tempo seduta accanto a lui mentre svolge gli esercizi o studia?
  • Chi comprende i testi? Ti capita di leggerglieli tu e spiegarglieli perché non li capisce?

Ecco, in questo caso, ad esempio, chiediti se per lui non sia una comodità avere qualcuno che gli snocciola i contenuti evitandogli di fare lo sforzo per coglierli. A volte i bambini sono molto pigri e, di certo, questo atteggiamento, che comunque comprendo, non farà altro che peggiorare la situazione.

Il bambino si abituerà ad avere accanto una figura pronta a fornirgli ogni volta l’ancora di salvataggio e sarà facile che il suo dialogo interno sia questo: ma chi me lo fa fare di impegnarmi se tanto, prima o poi, la mamma arriva sempre?

La questione però va vista anche da un’altra prospettiva: quella legata ai tempi di apprendimento del bambino e alle sue specifiche modalità. Capita, purtroppo sempre più spesso, che la scuola non riesca a colmare le lacune didattiche e metodologiche degli studenti.

Quali sono le ragioni di ciò?

Innanzitutto ci sono i programmi ministeriali da rispettare con delle scadenze ben definite, per cui spesso mancano il tempo e le possibilità di recuperare, magari, quelle competenze di base che la scuola primaria avrebbe dovuto dare. Pensa al metodo di studio, ad esempio: quanti ragazzi arrivano alle medie senza essere in grado di studiare con le tecniche giuste?

Oppure, può capitare che nella stessa classe ci siano diversi bambini con fragilità nell’apprendimento che richiedono e hanno tutto il diritto di avere gli strumenti per potercela fare, come gli altri. La carenza degli insegnanti di sostegno è una forte piaga di tutto il sistema scolastico e gli effetti sono ormai sotto gli occhi di tutti.

I timori di ogni genitore, indipendentemente dal fatto che diventi ipermadre o iperpapà, sviluppando un eccessivo senso di protezione, nascono proprio dalla sensazione di vuoto che spesso si prova quando ci si confronta con la scuola: o perché non ci sono i mezzi, o mancano i tempi e le risorse, o perché qualche insegnante è troppo poco umano.

E’ però impensabile che un genitore, a meno che non sia egli stesso un esperto di metodologie didattiche,  possa sostituirsi agli insegnanti o pensare di colmare le lacune del sistema scolastico italiano, neanche con la più precisa delle supervisioni.

E’ sano dare indicazioni al figlio, consigli, ma non assumere il ruolo di comandante nel suo apprendimento e nell’organizzazione scolastica. Mi ritrovo su questo d’accordo con la Millet, e la prova che un atteggiamento di questo tipo sia sbagliato, è proprio lo stress che tutto ciò comporta.

Ci si stressa perché si vorrebbe controllare ogni cosa: compiti, docenti, registro, materiale didattico, programmi. Con quali risultati poi? Il bambino si sentirà sempre sotto pressione e tutto quello che potrebbe e dovrebbe vivere di scolasticamente bello, svanirà coperto dalla tensione e dalla smania di quel controllo.

Siamo abilitati a guidare una macchina quando lo sappiamo fare da soli, poiché abbiamo appreso le regole e la pratica che ci sono state insegnate, ma poi…abbiamo iniziato a viaggiare, in autonomia.

E quanto è stato bello per noi, varcare il cancello di casa e mostrare a papà e mamma di avercela fatta?

Per questo mi chiedo e ti chiedo: perché non lasciare che i bambini prendano la loro patente didattica e scoprano quella palpitante emozione di chi sa guidare da solo?

 

 

Categoria: genitori

Tag: compiti, ipergenitori, stress

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